giovedì 21 luglio 2016

Cinema Mon Amour: The Legend Of Tarzan di David Yates


Sono cresciuta leggendo romanzi d'avventura, storie di eroi capaci di grandi gesti, pronti al sacrificio per la salvezza della donna amata o di un bene superiore, sempre ammantati di quei valori altisonanti come onore, rispettabilità, lealtà. 
Racconti di inseguimenti, duelli, amori contrastati, nemici malvagi oltremisura.
 Per anni anche il cinema ha ripercorso, ispirandosi spesso ai romanzi, questi passi e ci ha regalato una serie di pellicole che intrattenevano e divertivano, con leggerezza ma non senza anima, con storie semplici ma avvincenti. 
L'avvento degli effetti speciali ha purtroppo penalizzato molto questo genere di pellicole, rendendole visivamente molto belle ma incapaci di emozionare, fosse anche per un paio di ore, chi le vedeva. 

Io non credevo molto in The Legend of Tarzan e avevo deciso di tenermela come passatempo per un qualche weekend annoiato. 
Invece,  è successo qualcosa di inaspettato: per la durata della pellicola sono tornata la bambina che con occhi sgranati si immergeva nella storia di Sarah alla ricerca del suo fratellino Tobey, in quella del garzone Westley ai desideri di Bottondoro, la pupetta che sguainava le spade con i moschettieri del Re contro il terribile Richeliu mentre in Inghilterra rubava ai ricchi per donare ai poveri. 

La bellezza di The Legend of Tarzan è che sa e vuole essere intrattenimento e non lo nasconde sotto la facciata del film che vorrebbe divertire ma anche avere un tono autoriale.  
David Yates, che ha già diretto quattro pellicole di Harry Potter, conosce il mestiere e non perde tempo con spiegoni, complicazioni registiche e visive. 

Ci sono tutte le caratteristiche della pellicola d'avventura che si rispetti: l'eroe onorevole ma riluttante, la damigella in pericolo, la spalla comica, l'antagonista cattivo fino all'ultima inquadratura. Ci sono inseguimenti, sparatorie, momenti romantici e intramezzi comici. 

John Clayton, Lord Greystoke, torna in Africa con la moglie Jane con un mandato imperiale. Ormai non è più Tarzan, il signore delle scimmie, ma un gentiluomo della società inglese. La sua storia ci viene raccontata un po' per volta con una serie di brevi flashback, l'infanzia, l'incontro con Jane, la morte della madre Kala. 
John ora è un lord ma è comprensibile da subito che è un ruolo che si è imposto a forza e che gli sta stretto. 
Sarà il ritorno nella sua terra, nella terra dove si sono conosciuti lui e Jane, che John ritroverà se stesso, prima grazie all'affetto della tribù che per prima l'ha ospitato anni addietro e dopo per necessità, quando dovrà salvare la sua amata dal cattivissimo Leon Rom.
E' proprio lui infatti che con l'inganno l'ha riportato in Africa perché ne ha promesso la testa in cambio della ricchezza segreta del Congo. 


Come è giusto che sia, non c'è nulla di complicato nella trama, è tutto dover ci aspetteremo che fosse ma perfettamente orchestrato. 
Punto focale è la storia d'amore, forte, adulta, passionale, tra Jane, damigella in pericolo che non ha dalla sua un esercito di animali selvatici ma la tenacia e la lingua tagliente proprio come la Kathleen Turner di All'inseguimento della pietra verde, e il suo Tarzan, diviso tra due mondi, due modi di essere, due personalità che non riesce a far combaciare.

Alexander Skarsgård e Margot Robbie sono perfetti nei loro ruoli, lui tormentato e innamorato e lei tosta e risoluta. E' la loro alchimia pazzesca a rendere avvincente l'avventura e sospirato il loro ritrovarsi. 
Un po' sacrificato Christoph Waltz nei panni, per l'ennesima volta, del cattivo cattivissimo e la stessa cosa si può dire di Samuel L. Jackson, che porta a casa un ruolo, quello della spalla comica, che gli abbiamo già visto fare altre volte. Nessun guizzo ma sempre bravi, divertenti, odiosi - nel caso di Waltz. 
Questo per dire di non aspettarvi un cattivo di quelli con grandi motivazioni etiche. Ci aggiriamo dalla parte di Belloq del primo Indiana Jones, per intenderci, cosa che però non ci ha impedito di tifare per il celebre archeologo e per augurare la morte al suo nemico.

Anche qui ci si mette dalla parte dei buoni, si soffre con loro, si esulta con loro. Persino Tarzan, eroe dalla doppia personalità, umana e bestiale, è meglio tratteggiato del solito, con qualche lato oscuro - come può ovviamente permettersi una pellicola del genere.

Il difetto più evidente, tralasciando le solite trovate un po' irrealistiche da film d'avventura, sono gli effetti speciali lontani dall'essere perfetti nella rappresentazione degli animali, che però passano in secondo piano quando il regista è capace, in due scene in particolare, a intenerirci commuoverci: la prima è quando John ritrova delle leonesse compagne di scorribande della sua giovinezza, la seconda è l'incontro con un branco di elefanti. 

E allora è racchiuso proprio qui il grande dono della pellicola: la capacità di trasportare lo spettatore in Africa, nel cuore del Congo, all'interno di una storia conosciuta che però è in grado, con nuove vesti, di emozionarci ancora una volta. 
Quella di un uomo innamorato, il signore delle scimmie, che per salvare la donna che ama, il suo popolo, animale e umano, riscopre la sua vera natura, si spoglia dei suoi abiti e del suo vecchio io e combatte fino all'ultimo respiro. 
A mille ce n'è nel mio cuore di fiabe da narrar. Basta saper mettersi dalla parte di chi ascolta. 

2 commenti:

  1. La pupetta che sguainava le spade con i moschettieri del Re contro il terribile Richeliu mentre in Inghilterra rubava ai ricchi per donare ai poveri.
    Porcaccia, sono io!
    A questo punto, devo trovare il modo di andare a vedere questo film, e sappi che, prima di leggere la tua recensione, non ci pensavo nemmeno per sogno. Onore a te!!

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