mercoledì 31 luglio 2013

Can't Help Falling In Love With You#2: Sherlock Holmes

Sai io e quest'uomo abbiamo avuto una relazione parecchio complicata. Probabilmente l'abbiamo anche ora. E' una mia grande cotta, ma al contempo lo prenderei tranquillamente a schiaffi un minuto si e quello dopo pure.

Quanto ero piccola per me era solo simpatico topo che ce l'aveva a morte con un ratto più grande e cattivo.
Nel giro di pochi anni è diventato un ragazzo un po' altezzoso che giocava a fare il detective in quel di un'università londinese.
Infine un signore elegante e molto posato con pipa in mano e un buffo cappello in testa.


Diciamo pure che fino ad allora non avevo un grande interesse per le sue avventure cartacee, non me ne voglia Sir Arthur Conan Doyle, il suo papà (che, non vorrei dire, l'ha accoppato più per dispetto che per altro, perciò non vedo neanche la ragione di chiedergli scusa). 

Ci è voluta una baracconata come il film uscito ormai quattro anni fa per farmi venire voglia di avvicinarmi ai romanzi.
Certo metterci un americano a fare lui, uno dei più grandi rappresentanti della English Literature, non è che fosse il massimo, ma all'epoca non ero ancora così snob.

Iniziai a leggere la sua prima avventura. Tenetevi forte. Non mi piacque. Non era come quello del film, non era quell'antipatico ma divertente - casinista - cazzottaro.
Questo qui era solo antipatico, spocchioso, certo  intelligente, ma di quelli che te lo fanno pesare, tipo i compagni di classe che non passano mai i biglietti. 
Mi dissi che uno del genere l'avrei tranquillamente inchiodato al muro con la spara chiodi.
E comunque me la presi con il regista per l'inganno.
Passi il suo fedele amico e compagno di avventure senza panza e doppio mento, Quel supereroe trasformato in super detective invece no. 

Per cambiare idea ci sono voluti due geni del male, la amata immortale BBC, un salto temporale di alcune decine di anni, un cappotto blu, dei riccioli castani, un maglione a trecce bianco. 
E 18 lunghi mesi. 
Annoiata, divisa tra il divano e il letto, il letto e il divano, cercando di riprendermi dalle trafile ospedaliere dell'ultimo periodo, in lutto per la fine della terza serie di Being Human, scoprii di avere sul computer questa serie inglese che avevo scaricato più per far tacere due amici che per reale desiderio di vederla.
Mi toccava, avevo solo quello di non visto sull'hard disk. Altra frase mitica che pronunciai prima di schiacciare play: "Al massimo, se mi rompe, spengo."
Il bello è che ero convinta di quell' affermazione.

Ci ho messo il tempo di arrivare a questa scena. And, honey, should have seen me. 


"The name is Sherlock Holmes and the address is 221B Baker Street"

Sbam. Persa, andata, in balia del "ma questo chi è? Da dove sbuca? Com'è che ti vedo solo ora?"

Il resto sarebbe troppo delirante da raccontare nella sua interezza, diciamocelo. L'attesa di un trailer, anche misero. La messa in onda della prima puntata della seconda serie il primo dell'anno. Sentire gli ospiti dei tuoi che ti dicono "Se devi andare a vedere Sherlock Holmes, sparecchiamo noi".
Le lotte con la connessione per vedere le puntate in diretta. Le mie chiacchiere con lo schermo. Le urla e gli improperi. Le risatine sceme da ansia.
I pianti sull'ultima puntata, indimenticabile, passata con i battiti accelerati e con lo scatto all'indietro della sedia in quel preciso momento, quello, proprio lui, la scena, la caduta. 

E tutto questo per un odioso stronzetto che ti tratta come un idiota incompetente, che ha la delicatezza dell'elefante in cristalleria, che ti fa sentire più inutile di una spazzola in mano ad un pelato, che non perde occasione per mettersi in mostra e per mettere in mostra la sua intelligenza.

Ci ho messo sei puntate, svariati racconti e quattro romanzi, per capire che sotto sotto anche lui un cuore ce l'ha. Non funziona come nella maggior parte delle persone, Sherlock non ti verrà mai a dire che ti vuole bene o che ci tiene (ma se ti chiami John Watson e hai questo adorabile sorrisetto, può essere che ti dica che sei "fantastic" and "his only friend").

Toccherà a te interpretare i suoi silenzi, i suoi sguardi, i tremolii nella voce. 

Certo, mi rendo conto che i libri non hanno tremolii di voce. sguardi interessanti, silenzi carichi di significato.
Portate pazienza, Sherlock Holmes nei romanzi non parla, Benedict Cumberbatch si. E sarà il caso di non aggiungere altro. Resti anche il mio un silenzio carico di frasi non dette.

E' per lui, per questo Sherlock Holmes, che all'ultimo giro a Londra mi sono incollata ad un finestrino del bus facendo i versi di un gremlin in calore quando sono passata davanti al numero 100 e qualcosa di North Gower Street.

E alla sua vera casa, il 221B di Baker Street, che, inforcando deer stalker e sedendomi sulla sua poltrona, ho covato per alcuni secondi la segreta speranza che Sherlock si affacciasse alla porta, chiedendomi molto sgarbatamente di levarmi dal suo posto.


Se vi state chiedendo com'è che mi sono innamorata di un tale elemento, la risposta ve la dovete far dare da Irene Adler.

I like detective's stories. And detectives. Brainy's the new sexy. 
High five, darling.


domenica 28 luglio 2013

25 Bookish Things


  • Il primo libro che ho letto è stato il Piccolo Lord
  • Il pallino della lettura mi è venuto quando avevo tipo 10 anni, prima adoravo i manuali dei perché, dove, come, i libri dei miti greci e la storia egizia.
  • Mia madre esasperata perché leggevo romanzi a ritmo di uno ogni due giorni mi ha portata in biblioteca che stava in fondo alla via dove abito. Che giorno fu!
  • Durante il periodo dell’università sono arrivata a leggere qualcosa come 130 libri in un anno. Fuori i testi universitari. Ovvio, avevo un sacco di tempo tra metro e treni. 
  • Sempre quell’anno credo di aver speso qualcosa come 500 euro solo di libri. Beate mance.
  • Attraverso periodicamente delle fisse letterarie. Fingete stupore.
  • Al liceo ero innamorata di Arturo Bandini…e di John Fante. E mi rendo conto che Arturo Bandini non è il personaggio più simpatico dell'universo. E il film con Colin Farrell per me non esiste. 
  • Posseggo qualcosa come tipo 700 libri, fuori i fumetti. 
  • Ho lavorato in una redazione e siccome i libri uno se li poteva portare a casa gratis…beh credo di averne portati a casa almeno due al giorno per circa tre mesi di stage (Si, era creata una specie di libreria nella camera dove vivevo a Milano. Ciao Manu!!) 
  • Mi auto impedisco di diventare fan di fumetti. So che avrei dei seri problemi a controllare le mia zampine sul portafoglio e inizierei a seguire tutti gli universi paralleli persino quelli con i supereroi che sparano scoregge atomiche. 

  • Rileggo tantissimo, sia pezzi sia romanzi interi. Romanzo più riletto L.a. Confidential.
  • Se dovessi scegliere una letteratura da leggere tutta la vita direi quella inglese con una eccezione: I Miserabili di Victor Hugo.
  • Vivo di cotte letterarie: Mr Darcy, il capitano Wentworth, Enjolras, Bud White, Jaime Lannister, Athos , Enrico V, Sherlock Holmes...
  • Io i romanzi li vivo, sottolineo, faccio orecchie, li giro e li pirlo in tutti i modi possibili.
  • Mi fa incazzare chi dice che i classici fanno cagare perché sono classici e sono pallosi per forza.
  • Mi fa incazzare chi dice che la letteratura moderna fa cagare perché solo i classici valgono la pena di essere letti.
  • Odio i critici letterari, quelli che parlano solo di libri semi sconosciuti o casi letterari o quelli che dei libri più normali devono parlare male per forza perché se no non sei figo. Poi ci sono le peggio di tutte, le critiche con le parolone. Guarda quante ne so. Crepa. 
  • Alle elementari e alle medie quando leggevamo il libro in classe ad alta voce io andavo avanti a leggere perché volevo sapere come andava a finire il romanzo. 
  • Mi sono iscritta a Lingue perché adoro la letteratura inglese, ma soprattutto perché non vedevo l’ora di dare l’esame su William Shakespeare al secondo anno.
  • I libri in inglese ho iniziato a leggerli per studio. Il primi letti per piacere sono stati gli Harry Potter e una bellissima saga fantasy, La figlia della foresta. 
  • Mollo un libro anche dopo 20 pagine se non mi prende. 
  • Piango spesso per i libri, non una lacrimuccia, a volte mi metto anche in modalità fontana. 
  • Leggo di tutto e qualunque genere. Passo dai romanzi storici agli sci-fi, dai saggi agli horror. 
  • Quando leggo i libri penso agli attori che potrebbero fare i personaggi. E se non mi viene in mente nessuno mi fermo e ci penso. Il mio sogno proibito è Michael Fassbender come Crowley di Buona Apocalisse a tutti.

  • Potrei parlare per ore e ore di libri, sopratutto dei personaggi. Può essere che ne parli come se fossero persone reali. Be patient.


lunedì 22 luglio 2013

Can't Help Falling in Love with You#1: Jay Gatsby

Sai stavo ascoltando Young and beautiful di Lana Del Rey e mi sono messa a pensare a Jay Gatsby.
Jay è solo una delle tante cotte letterarie che mi sono presa in anni e anni sui libri. No, non è stata colpa di Leonardo DiCaprio anche se confesso che già all'epoca pensai a lui mentre leggevo il libro. Che meravigliosa addetta ai casting sarei stata. 
Jay l'ho conosciuto in treno, mentre tornavo a casa dall'università (parliamo di eoni fa, insomma). In teoria ero abbastanza grande per non credere più alle favole, al principe azzurro, al castello e al cavallo bianco.
Ecco, non proprio. Alla fine ci sono ricascata.
Lascia il castello, sostituisci una macchina di lusso al cavallo e il gioco è fatto.
E' solo il contorno però. 




Non sono i soldi, la casa, il guardaroba di classe. Non sono le feste giganti, la piscina, i fiumi d'alcool. Per me Gatsby poteva anche vivere nella baracca di fianco al castello.
Di Jay mi ha colpito la tenacia. Jay è uno che non smette di remare, di vivere alla grande e di inseguire un sogno. 

Il sogno in questione si chiama Daisy. Daisy è bella, è viziata, è frivola. Una bella scatola con tanto di fiocco ma talmente vuota che si sente pure l'eco.

Eppure Jay la ama da morire, la vede perfetta. Un donnino perbenino, non la stronza isterica che invece tutti noi abbiamo la consapevolezza sia. Neanche di fronte all'evidenza, quando si trova rifiutato, gettato via, quando quella demente gli strappa il cuore e lo calpesta, gli passa per la testa che Daisy non sia proprio la dolcezza fatta persona. Tu la scioglieresti in acido, lui ancora è convinto che questa alla fine tornerà sui suoi passi, che correrà da lui, che se ne andranno mano nella mano verso il tramonto.

Jay vive con la testa girata a tre quarti nel passato, dove ha conosciuto e amato Daisy, dove crede di poter tornare con lei strappandola alla sua vita monotona e noiosa.
Non serve che Nick Carraway gli ripeta che indietro non si torna, che il passato non si ripete. E lui invece convinto "Ma certo che si ripete". 
Ecco io uno così di partenza lo prenderei a schiaffi. Uno che si fissa, uno che al posto di guardare al presente si guarda indietro, uno che vive perennemente con gli occhi a cuore. Con lui sono sempre sul punto di urlare "Svegliati, Jay, hai mica 18 anni. Quella Daisy il marito non lo lascia. Daisy è una  sbadata non lo sai?Una che distrugge vite come si distrugge un vaso e poi, al posto di rimettere assieme i cocci, butta via tutto". 

Eppure, succede che di Gatsby mi sono innamorata. Perché non smette mai di credere nel suo sogno, nella sua luce verde di là dalla baia, la luce della casa dove vive Daisy. Non molla mai, non cede di un millimetro, la ama con una forza e un'intensità che non ti spieghi. Smuove mari e monti per lei. Tu sai che finirà male, te lo senti da subito. E anche se odi Daisy più di quanto lui la ami, speri che finiscano insieme.  Sei pronta a soffrirci. Non importa, te ne farai una ragione, lui sarà felice e questo ti basterà. 


Ti accorgi solo quando chiudi il libro, quando leggi il famoso epilogo, che è solo un romanzo, che Gatsby è solo il suo disperato protagonista, che a questo punto importa ben poco che lui scelga Daisy o te. 

Gatsby non c'è più, ha lasciato il suo castello. L'ha fatto solo, sotto una pioggia battente. 
Però.
Però grazie a Francis Scott Fitzgerald c'è ancora il suo sogno, la sua costanza, la sua forza. La sua luce verde. E a me basta riaprire il romanzo per innamorarmi di nuovo.



"Sorrise con aria comprensiva, molto più che comprensiva. Era uno di quei sorrisi rari, dotati di un eterno incoraggiamento, che si incontrano quattro o cinque volte nella vita. Affrontava – o pareva affrontare – l'intero eterno mondo per un attimo, e poi si concentrava sulla persona a cui era rivolto con un pregiudizio irresistibile a suo favore. La capiva esattamente fin dove voleva essere capita, credeva in lei come a lei sarebbe piaciuto credere in se stessa, e la assicurava di aver ricevuto da lei esattamente l'impressione che sperava di produrre nelle condizioni migliori." -Il Grande Gatsby

giovedì 18 luglio 2013

ShakespeareForDummies#1: Othello


"O, beware, my lord, of jealousy; It is the green-ey'd monster..."

Non sono mai stata tanto felice di alzarmi presto la mattina come quando frequentai il corso di Letteratura Inglese 2 all'università. Ovviamente il tema era l'età elisabettiana, in particolare William Shakespeare e l'Othello.
Sganciamo la bomba: dell'Othello non ero mica tanto convinta, vuoi mettere quei due pulzelli di Romeo e Giulietta che hanno 20 anni in due e si professano amore eterno? Amleto che va' in giro a parlare con i teschi? Enrico V che si attacca ad un pezzo di carta che è vecchio come l'universo mondo per invadere la Francia? O addirittura Tito Andronico che deliziava la nemica Tamora con un soufflè di figli cotti? 

Scherzi a parte, Othello mi ha sorpresa, sconvolta, emozionata
. 
Firstly, chi è Othello? Seguitemi, prego, all'interno del Blackfriars, che ve lo faccio vedere. Othello è un generale moro, un uomo che ha combattuto battaglie, che ha sfidato la morte, che si porta cicatrici ovunque, uno che non perde mai la calma, fermo, preciso, uno che parla poco ma quando parla, esticazzi. 
Ma per ogni eroe c'è anche un cattivo: Iago, il villain. 


Entra in scena subito, rumorosamente, bestemmiando come un turco, e te lo dice, a te che stai in mezzo al pubblico, lì in piedi davanti a lui, che il suo scopo è di fare fesso questo Moro. Ce l'ha con lui, gli sta sulle palle per svariati motivi e vuole vendicarsi e farlo bene.


Tu, attento spettatore, ti domandi come uno come Iago, che -apparentemente- non ha neanche la metà delle palle di Othello, riuscirà ad infinocchiarlo. Lui, il grande eroe, che di lì a poco si reca a Cipro e debella la flotta dei Turchi, quello che che ha sfidato il doge per sposare la bella Desdemona, innamorata pazza di lui. 
Quando Iago inizia ad instillare il veleno delle gelosia, una goccia per volta, nell'orecchio di Othello ti rendi conto di quanto grande sia questa tragedia. Io personalmente ero ad un passo dal saltellare sul posto.
Shakespeare gioca con le parole, quelle che Iago non dice. Gioca con il suo silenzio, con i suoi "Io?" "Perché?" "Mannò!" "Però...forse...". Othello all'inizio si incazza, gli dice "parla, porco *bram*, che hai?" (si perché pure Othello ad un certo punto inizia a bestemmiare, rimarcando la sua totale perdita di controllo).Tra un "se" e un "ma", ecco che salta fuori il nome di Cassio. 

Cassio è bello (è Tom Hiddleston, scusate), Cassio è onorevole, Cassio è lo charme fatto persona. Cassio professa che l'onore è tutto "my reputation, my reputation" urla, quando è beccato in flagrante ubriachezza da Othello. Iago, che chiaramente l'ubriachezza l'ha più che spinta, tergiversa "che vuoi che sia la reputazione, l'onore, si ottiene senza merito, si perde senza meritarlo". Iago gli dice "corri da Desdemona, siete amici, usa la tua galanteria, convincila a perorare la tua causa presso il marito".Cassio, beato imbecille pure lui, si fida. E corre da Desdemona. E Iago gongola. 

Ecco il suo piano. Othello crederà che Desdemona lo tradisce con il bel Cassio.
 La cara, dolce Desdemona decide di aiutare Cassio, cercando di convincere Othello a concedergli udienza. "Che sia presto, oggi, al limite domani a pranzo, massimo a cenaCassio è bravo, ha fatto un errore, rimedierà". E lei, insiste e insiste e insiste. Othello prima dice "si, colombella mia, certo, come no, Cassio!". E lei, insiste e insiste e insiste. Othello prima dice "si, colombella mia, certo, come no, Cassio!". Si ritrovano qualche scena dopo e Othello non è più tanto dell'umore. Gli viene l'orticaria solo a sentire la "C" di Cassio. Tu vorresti, e magari lo fai, urlarle "taci, Desdi, porca miseria. Non lo vedi che questo è già incazzato, che ti prenderebbe a schiaffi, che ha già una mezza idea che tu gli metta un par di corna?" Mannò lei, povera stella, "Cassio di qua, Cassio di là".
E poi il fazzoletto. Ecco la prova. "Quel fazzoletto che io ti donai, tu l'hai dato a Cassio" solenne dice Othello, prima di quel fatale epilogo.                                                        Si, perché, ok essere bravi con la retorica, ma uno come Othello avrà bisogna di uno straccio di prova, no? Eccola. Un gioco di abilità, il fazzoletto rubato, il primo dono d'amore di Othello alla sua amata, inconfondibile, che finisce nelle mani di Cassio e della sua amante Bianca. Othello, trema, sviene, inizia ad avere delle convulsioni. Iago gli poggia il piede sopra. Ha vinto. E' fatta. Othello è suo. Una sinfonia perfettamente orchestrata. Il veleno infine ha fatto il suo effetto. Othello si rianima, ha perso tutto, l'amore, la fiducia, la sua anima. Tutto è andato. La fine la conosciamo tutti.
Quello che di Othello mi è rimasto, più che la tragedia in sé, che i personaggi, che le singole scene, è la semplicità dell'inganno.  Iago non mostra una prova del tradimento fino a quasi la fine del dramma. Iago riesce a imbrigliare Othello nella sua rete, la rete della gelosia, solo con delle parole. Lui che entra in scena bestemmiando, minacciando, mostrandosi al pubblico con lunghi dialoghi e pure un paio di monologhi, diventa silenzioso, tace, si lascia scappare qualche parola qua e là. Othello all'inizio penserà anche "questo è scemo, ma che vuole da me?". Non lo dice, certo, si limita a schernirlo, a professargli il suo amore per Desdemona, a tesserne le lodi.
 
Ma è un mondo fatto al rovescio quello dell'OthelloIago non è l'inetto che ci sembrava  ("I am not what I am" diceva, appunto, nel primo atto) e Othello non è poi così sicuro di se stesso e, soprattutto, della sua donna. Vacilla il suo cuore, bastano delle parole. Cede la sua fiducia in Desdemona per dei silenzi, dei sospiri, dei "forse".
 Niente è come sembra, è un gioco di ombre. Poi il fazzoletto e Othello vede il suo tradimento, odora la colpevolezza di quella sgualdrina, la percuote quando  sente che lei pronuncia quel nome, Cassio. Quello stesso nome che, nello scontro tra i due, prima del terribile epilogo, Desdemona non riesce manco a dire, finalmente consapevole della causa dei mutamenti di umore del marito. Le muore sulle labbra. "Send for the man, ask him."


Othello non racconta di re, di principi, di battaglie per il trono, di amori contrastati, di pazzie, di avidità. E' la storia di un uomo e di una donna e del mostro dagli occhi verdi che si insinua tra di loro.