domenica 9 ottobre 2016

Can't help falling in love with you#4: Andrej Bolkonskij

"Era costui il giovane principe Andrej Bolkonskij, marito della piccola principessina. Il principe Bolkonskij era un giovane di non alta statura, ma assai bello, d'aspetto elegante e armonioso, i lineamenti fini e marcati." 


Guerra e Pace di Lev Tolstoj è un romanzo che fa male. Non come I Miserabili, ma comunque nemmeno in Russia ci vanno tanto per il sottile. 
La sofferenza ha un nome: Andrej Bolkonskij, il principe triste, insoddisfatto, in cerca di un qualcosa che dia un senso alla sua vita. Che incontra l'amore e lo perde. Che impara il perdono troppo tardi.  Ecco lui è decisamente stato uno dei miei più giganteschi colpi di testa. E sofferto. Tanto sofferto. 

Andrej proviene da una famiglia ricca ma poco affettuosa, suo padre, Bolkonskij Senior, è un uomo dal carattere molto deciso, amorevole solo in rare occasioni, freddo e distante nella maggior parte (io lo adoro solo per come tratta i Kuragin ma ammetto che un padre del genere non è il massimo, soprattutto quando decide di sposare la governante francese per fare un dispetto al figlio). 
La sorella Marja è probabilmente l'unica fonte di gioia famigliare, tra una preghiera e l'altra però, perché, ahimé, nemmeno la moglie Lise è capace di arrivare al cuore di Andrej, ben nascosto sotto una dura corazza. 

Andarsene via, scappare dalla società, da un matrimonio che gli sta stretto, perseguire la gloria militare: Andrej lo conosciamo al suo peggio. Non si fa amare per niente, anzi. 
E' insofferente, scocciato, sembra di vederlo mentre guarda gli invitati ai ricevimenti con aria di sufficienza. Pure sbruffando che fa tanto ragazzino a lezione di una materia che odia.
E' solamente da Pierre, quasi conte Bezuchov, che si fa avvicinare, è solo con Pierre che parla, si confida, da sfogo alla sua irrequietezza. 



Io di Andrej mi sono innamorata da subito, è stata una simpatia istintiva. 
E' certamente insopportabile la sua spocchia, il suo credersi superiore a tutto e tutti. O forse è un'impressione iniziale. 
Andrej in realtà fa qualcosa che nessuno nei salotti si sarebbe mai permesso di fare: semplicemente non mette nessuna maschera di finta cortesia. Disgusto e noia per gli altri e i loro discorsi vuoti li ha scritti in fronte e li porta con fierezza. Hai capito Andrej? E' uno che non teme il confronto.

Mi resta sempre di capire perché si sia sposato con una come Lise, l'esatto opposto di lui, carina e coccolosa, amante dei ricevimenti e delle chiacchiere mondane. Barbie in versione alta società russa, per intenderci.
E infatti pure con lei non è che sia tutto questo pozzo di dolcezza e carineria. Anzi. 

Ci vogliono la guerra, la perdita di Lise, i sensi di colpa, la nascita del figlioletto e la vita di campagna per far crescere Andrej. E Pierre.

"Pierre aveva ragione dicendomi che per essere felici bisogna credere anzitutto nella possibilità di esserlo: io adesso ci credo. Lasciamo che i morti seppelliscano i morti, ma fin quando si è vivi, bisogna vivere ed essere felici"

L'incontro con Pierre è rivelatore: c'è questo momento bellissimo in cui Andrej  scende dalla carrozza e guarda l'orizzonte, il momento in cui esprime la volontà di voler anche lui imparare a crederci, che bisogna vivere e amare, ecco, pare quasi di starci, al suo fianco, in riva al fiume, illuminati dal tramonto, a dirgli  pure noi di lasciarsi la tristezza alle spalle. Il mondo non finisce a trent'anni, Andrej. Vivi.

E  poi c'è soprattutto Natasha. 

"Non basta che io sappia tutto quello che passa dentro di me; bisogna che lo sappiano anche gli altri: Pierre, e quella fanciulla che voleva volare verso il cielo; bisogna che tutti mi conoscano, che la mia vita non scorra per me soltanto, che essi non vivano così fuori della mia vita, che la mia vita si rifletta in tutti e che tutti vivano insieme con me!".

Andrej svolta completamente, scapoccia, quando incontra Natasha, quando la sente esprimere il desiderio di spiccare il volo verso quella luna meravigliosa che fa da testimone alla nascita del loro amore. 

"Da un pezzo ti aspettavo", sembra dire quella fanciulla spaventata e felice con quel suo sorriso che si faceva strada tra le lacrime ormai pronte a sgorgare, e sollevò la mano per posarla sulla spalla del principe Andrej.

Ho sognato di poter essere Natasha durante il ballo, di essere guardata come lei, di trovare qualcuno che pensi che il mondo intero si divida in due parti e una una delle due sia io, ovvero la felicità, la speranza, la luce. 
Andrej vola già sulle ali dell'amore e pensa il famoso "se si avvicina prima a sua cugina e poi all'altra dama la sposo". E poi arriva Anatol' Kuragin.

O Tolstoj ha avuto una fidanzata di nome Natasha e lei l'ha mollato, o non mi spiego questo accanimento nei confronti della coppia. Diccelo Lev, sfogati, perché se Andrej torna ad essere la pigna insopportabile che era all'inizio, è colpa tua. Almeno sentiti un po' in colpa per averlo fatto tornare sui passi della gloria militare. 
E fu così infatti che a Borodino Andrej si beccò un po' di fuoco nemico.

Poi, siccome che Tolstoj non ha giocato abbastanza con il mio cuore, non lo fa crepare subito ponendo fine alle mie sofferenze, alle vostre e a quelle di Andrej, no: succede che sulla barella, esausto ma tranquillo, con un senso di beatitudine che da tempo non provava, immerso nei suoi ricordi d'infanzia, Andrej incontri l'uomo che gli ha fatto più male: Anatol' Kuragin, l'infame, anche lui in punto di morte, con una gamba amputata (c'è giustizia divina a quanto pare). 


Andrej, che fino al giorno prima lo malediceva mentalmente e pure gestualmente spero, qua si rende conto di come Anatol' si trovi nella sua stessa situazione e, forte delle lezioni impartitogli dalla sorella, lo perdona. Esatto, lo perdona.
Io avrei recuperato le ultime forze e l'avrei comunque saccagnato di legnate e invece lui allunga la mano al suo nemico. Fiume di lacrime, abbracci consolatori e chili di Nutella.

E non finisce qui, no, figuriamoci: con un colpo di scena da maestro, Andrej ritrova la sua Natasha, si giurano eterno amore, lui sembra in punto di guarigione ma alla fine muore. Esatto. Andrej Bolkonskij, uno dei miei grandi amori letterari, muore. Lo fa sereno, circondato dalla sorella e Natasha, dopo aver baciato il figlioletto. Muore. Perdona Natasha. E muore. Se fate abbastanza silenzio riuscite a sentire il suono del mio cuore che si spezza in trialiardi di pezzettini. Una vita fatta di tante sofferenze e poche felicità e il destino -sotto forma di autore sadico- ti beffa così. All'ultimo. 

"E mio padre? Mio padre! Mio padre! Si, farò delle cose di cui anche lui sarà contento."



Finisce così Guerra e Pace. Finisce con Nikolen'ka che pensa a suo padre. Finisce con me che piango disperata perché l'immagine di questo ragazzo che guarda con ammirazione al padre che ha conosciuto per troppo poco tempo è talmente perfetta che cancella le 30 pagine precedenti piene di personaggi cambiati all'inverosimile, imbruttiti e abbruttiti. 
Finisce con il principe Andrej e l'indelebile ricordo che ha lasciato. Nel cuore di Nikolen'ka e nel nostro. Appena riesco a rimetterlo assieme, s'intende. 

lunedì 3 ottobre 2016

Of Books, Filmzzz, Tivvì -August&September 2016-

Oh ma i preferiti del mese?
No, ci sono ancora, è che è dura scrivere di preferiti quando di preferiti ce ne sono ben pochi.
Da qui il mix&appiccica di due mesi che magari qualcosa riesco anche io a cavarcelo fuori.


LIBRI

Libro preferito dei MESI: In due mesi sono riuscita a collezionare giusto un libro che "merita" (virgolettato perché non mi ha comunque sconvolto la vita) il titolo di preferito del mese: Gli anni della leggerezza di Elizabeth Jane Howard, primo volume della saga dei Cazalet. 
Parliamo di un romanzo che ultimamente va' parecchio ed infatti è strano che io me lo sia accaparrato così presto -è nota ai più la mia avversione per i bestseller quando sono ancora troppo bestseller-.
In realtà sono rimasta piacevolmente stupita. Intendiamoci, siamo dalle parti di un raffinato romanzo della nonna. C'è la grande famiglia e i piccoli drammi quotidiani, i figli, i nipoti, mogli e mariti, amanti, la prima guerra mondiale con le sue conseguenze, la seconda guerra mondiale che si affaccia prima in punta di piedi e poi stile dinosauro in cristalleria.
Il primo volume funge più da introduzione eppure è interessante, scorrevole e piacevole da leggere. Sembra perfetto per una serie tivvì (BBC can you hear me?)

Personaggio maschile preferito: Mac de La Battaglia di John Steinbeck. 
Non ha la capacità di farsi amare come altri grandi uomini usciti dalla penna dello scrittore, vedi Samuel Hamilton, Caleb o Tom Joad, ma mi ha ricordato George di Uomini e Topi e la sua sensibilità trattenuta, il suo essere freddo salvo uscirsene con gesti di grande gentilezza e bontà d'animo.

Personaggio femminile preferito: avrei voluto amare almeno una delle tante donne della saga dei Cazalet ma quelle -per ora- protagoniste mi risultano mediamente antipatiche. Salvo le piccole di casa ma sarà da vedere come cresceranno nei prossimi capitoli.

Citazione preferita: "Non ci sono inizi né fini" disse Burton "Mi pare che l'uomo si sia buttato in una oscura e paurosa lotta da un passato che non ricorda a un futuro che non può prevedere né capire. E l'uomo ha incontrato e sconfitto ogni nemico tranne uno. Non può vincere se stesso" John Steinbeck, La Battaglia 

FILM:

Film preferito del mese: Heat- La Sfida di Michael Mann.
Ci ho messo circa 15 anni per vedere questo film e accidenti se n'è valsa la pena. L'aneddoto è che ho iniziato Heat circa una decina di volte e non sono mai riuscita ad andare al di là della prima mezz'ora.
Quest'estate ho affrontato questo mio nemico e mi sono presa un pomeriggio (sono quasi tre ore di film) per superare lo scoglio dei trenta minuti e scoprire se Heat fosse veramente il capolavoro che si dice. Lo è e anche di più. E' un poliziesco di quelli che non si sono più visti, con una trama solida, tanti personaggi ma non uno lasciato al caso, ottimi attori, superba regia e quelle tre/quattro scene da antologia: la rapina, la caccia finale, l'incontro al ristorante tra il poliziotto e il ladro.
Sono queste le pellicole che mi fanno chiedere perché buttare via soldi in effetti speciali a discapito di una buona sceneggiatura. Ribadisco: il cinema di soli vent'anni fa era un'altra cosa.


Film visto e stravisto: Alexander di Oliver Stone. 
Cinque anni di liceo classico e di traduzioni su vita, morte e miracoli di Alessandro Magno non sono riusciti mai a farmi odiare questo film. E non c'entra la concentrazione di testosterone maschile celato sotto sinuose righe di eyeliner e grandi occhi azzurri.
Alexander è un film che, per quanto abbia i suoi limiti e i suoi pasticci, io amo incredibilmente. Adoro la musica, le atmosfere, la capacità di fondere tante leggende e frasi ad effetto ("Lo farei se fossi Parmenione, ma sono Alessandro"; "Non ti sbagli, principessa, anche lui è Alessandro" anche se manca la mia preferita di sempre, Diogene che dice al grande re di levarsi dai coglioni perché gli copre il sole e lui che ribatte "Se non fossi Alessandro vorrei essere Diogene"), le battaglie e i momenti intimi. Accetto anche la nefasta conseguenza, ovvero l'orda di bimbeminkia che sull'allora ForumFree inneggiavano alla coppia Colin Farrell/Jared Leto. Ringrazio, nel profondo, che Tumblr ancora non esistesse.


Attore preferito del mese: Dici a me? Ce l'hai con me? Ovviamente i mostri sacri Robert DeNiro e Al Pacino. Che domande. 

Attrice preferita del mese: Emma Stone in Crazy Stupid Love. Prima di tutto perché è Emma Stone. Secondo perché è meravigliosamente goffa e adorabile. Resta sempre così e non trasformarti mai in Jennifer Lawrence.



SERIE TIVVI':

Serie preferita: Plata o plomo? Ovviamente è la seconda stagione di Narcos, decisamente superiore alla prima, molto più adrenalica e bingewatchabbile (che non esiste, me lo sono inventato adesso).
Sapevamo come sarebbe andata a finire la storia, è stato bello arrivarci passo dopo passo con alcuni colpi di scena memorabili.  Il re Pablo Escobar è morto, lunga vita alla nuova regina?
Io intanto mando i miei più cari saluti a Javier Peña. Hola guapo, esperame.


Attore preferito: Questi due mesi ho lottato contro l'amore per Damien Lewis di Billions, Aidan Turner di Poldark, George Blagden di Versailles e David Schwimmer di People Vs. OJ Simpson. Ho perso. Lascio a voi la scelta.

Attrice preferita: Sarah Paulson come Marcia Clark. Le hanno dato persino il meritatissimo Emmy dopo anni di nomination a lei e a quella pigna inespressiva che è Emilia Clarke. Sarah bellissima in verde Prada ha ringraziato persino la fidanzata e alla cerimonia si è portata Pedro Pascal. Mille punti a te.

Momento Fuck Yeah: Ross Poldark che dopo 12 puntate finalmente decide di prendere a cazzotti in faccia quella faccia da cazzotti in faccia che è George Warleggan. Applausi e urla di incitamento da stadio manco fossimo al derby. Unico appunto: gli hai fatto troppo poco male.

Momento Don't Cry: La scena finale del pilot di This is Us. 
I gemelli, la rivelazione finale, lo sguardo dei due genitori nei confronti dei loro pupetti e l'amore che li fa tenere per mano mentre li guardano in culla, la bellissima Watch Me di Labi Siffre.

martedì 23 agosto 2016

Cinema Mon Amour: Suicide Squad di David Ayer

Indubbiamente è uno dei film che attendevo di più quest'anno. 
Purtroppo quando una pellicola la si attende spasmodicamente per mesi e mesi, si crea una certa aspettativa, anche senza farlo apposta. Come si è capito, non è che ultimamente (e per ultimamente intendo più anni che altro) il cinema mi abbia dato delle grandi soddisfazioni, spesso è capitato che a sorprendermi fossero pellicole viste per caso e controvoglia (The Martian di Ridley Scott) o per far ballare la salsa agli ormoni (The Legend of Tarzan di David Yates).


Suicide Squad è un film sui cattivi della DC e i cattivi della DC sono cazzuti -e lo so io che non sono una grande esperta di fumetti-.
Il regista David Ayer (che ha scritto filmetti mica pizza e fichi come Training Day, Fury, più gli action S.W.A.T. e Fast&Furious) deve aver fatto sua la massima di Woody Allen che dice che i buoni dormono meglio la notte ma i cattivi si divertono di più di giorno.

Infatti questi cattivi si divertono e un sacco. Ridono, scherzano, si prendono il cicchetto al bar dopo aver spaccato un po' di teste mostruose. Ci mancava il partitone di briscola, di cui ho sentito sinceramente la mancanza (d'altronde sono fiera giocatrice sin dalla tenera infanzia).
Insomma se la godono nel bel mezzo della distruzione del mondo. Non ci sarebbe niente di male in tutto ciò se non fosse che il film non è vietato ai minori. Perciò niente cattiverie, niente battutacce volgari, niente ammiccamenti. La peggior scelta possibile visto che si parla di cattivi. 

Che Ayer avesse in mente un altro tipo di film e che la Warner ci abbia messo becco si era capito sin da subito, perché la Warner vuole fare la Marvel, ma la DC non è la Marvel e non lo sarà mai. 
Sul divario Marvel/DC lascio parlare questa eloquentissima vignetta di Leo Ortolani.

Per dire.

Di conseguenza si capisce che quando cerchi di fare qualcosa che ricordi la festa di Capodanno in onda su Canale 5 con il trenino ma sotto sotto sei più dalle parti di Silas de Il Codice da Vinci che per Capodanno doppia fustigazione con pure due petardi che male non fanno, il film ti risulta un po' un pastrocchio.

Soprattutto se rimaneggi all'ultimo aggiungendo scene che probabilmente avevi tagliato in sala montaggio e le aggiungi così, in mezzo alla pellicola, per dirla con un termine tecnico, "a cazzo di cane". 
Per esempio qualcuno deve spiegarmi a cosa servono le due scene iniziali in cui vengono presentati Deadshoot e Harley Quinn. Prima dei titoli di testa. In un film che si presuppone corale. E dieci minuti scarsi dopo me li presenti da capo. Di nuovo.

La verità più vera è che il potenziale c'era ed è questo potenziale che mi fa infuriare. 
Intanto chi fa la figura migliore qua dentro sono le donne: Harley, Katana, Incantatrice e ovviamente la badass Amanda Waller. Una è svitata come i chiodi dei mobili Ikea, l'altra è capace di incenerirti con lo sguardo, la terza è una strega millenaria che fa i giochetti di manipolazione mentale e poi abbiamo la signora capa di fronte alla quale pure il generalissimo Rick Flagg, con il suo metro e novanta di figaggine svedese, abbassa la cresta.

La colonna sonora, con quel mix di canzoni scritte per il film e canzoni di una volta che ti fanno fare gli occhi a cuore, è protagonista tanto quanto i protagonisti stessi: Rolling Stones, AC/CD, The Animals, Kanye West, CCR,...


Il montaggio per la presentazione dei cattivi è perfetto, folle, delirante, colorato. Proprio come questi antieroi in missione speciale.

Chiaro che in un film con così tanti personaggi e altrettanti background (non tutti approfonditi e con il caso Slipknot ancora aperto),  il vero elemento con potenziale distraente è stato ridotto a poco più che un cameo. Il re del crimine di Gotham City, il nemico numero, il Joker. 

Ognuno qua ha le sue idee, io non mi permetto di giudicare quale Joker sia il preferito di chi perché trovo che sia non solo oggettiva come scelta ma legata anche alla tipologia di universo che si va a creare.
Sinceramente penso che ogni Joker mai esistito sia perfetto per il film a cui è stato destinato: quello esaltato e da film gangster anni '30 di Jack Nicholson, quello anarchico e amante del caos di Heath Ledger, quello adorabilmente kitsch di Cesar Romero.

Il Joker di Jared Leto, per quel poco che si vede, è vanesio, violento, stiloso nel vestire, tendente agli scatti improvvisi di follia. 
Soprattutto se gli tocchi la roba sua. In questo caso la donna di cui è innamorato: la sola e unica, meravigliosamente pazza Harley Quinn.
Nonostante la loro storia d'amore sia stata decisamente rimaneggiata rispetto ai fumetti, funziona e appassiona. Certo qualche schiaffo, qualche litigata di quelle che si concludo con lei che gli piazza la mazza da baseball sullo stomaco, non mi sarebbe dispiaciuta. Giusto per ricordarci che comunque ci troviamo di fronte a due svitati della peggior specie.
Ci sono almeno un paio di flashback che avrei voluto durassero da zero a infinito, pure quella citazione dalla cover di Alex Ross, siete degli infami dai.

Non credevo l'avrei mai detto ma contro ogni aspettativa ho trovato più denso e interessante Batman V. Superman. Sicuramente pure lui aveva i suoi difetti giganti, tipo il montaggio -termine tecnico "a cazzo di cane"-, il simil trailer dei futuri film DC, i due nemici che si ritrovano a piagnucolare due secondi dopo essersi quasi ammazzati perché "Martha", la trama che salta da una parte all'altra che se non sai tu un minimo la storia ti eri perso dopo 30 minuti.
Eppure c'erano quei discorsi pesantoni che in DC piacciono tanto: il superuomo alieno che ama il genere umano e che diventa quasi un dio e il giustiziere notturno che non lascia il passo alla giustizia vera e che sfoga la sua rabbia sui cattivi. Diversi come il giorno e la notte ma sotto sotto mossi dagli stessi ideali.

Per motivi legati alla collana Vertigo, io sono sempre stata più fan della DC che della Marvel, dove trovo che ultimamente si stia tutto trasformando in una gigantesca baracconata (con un paio di eccezioni). In DC c'è il dramma da strapparsi le budella per la disperazione.
Sarebbe bello trovare qualcuno che non tiri fuori un semplice film da fumetto ma che ne facesse qualcosa di suo. Qualcuno tipo "inserire nome a caso di un regista inglese a cui piacciono un sacco i pipistrelli".

Nel mondo cinematografico che vorrei, ai registi capaci verrebbe lasciata un minimo di libertà creativa. 
I produttori, quelli che cacciano i soldi e basta non i produttori che hanno le idee, quelli li abbiamo salutati da un pezzo, rimanessero in ufficio a fare i conti.
E i cattivi?
Quelli devono fare i cattivi. Sono fatti così.
It's good to be bad.